mercoledì 12 maggio 2021

La difficile gestione dei rapporti umani.


 

Da un po' di tempo, dopo il lavoro, aveva preso la consuetudine di attardarsi con alcune amiche a passeggiare lungo il corso del paese. Era piacevole percorrerlo la sera, con le sue vetrine illuminate dava un senso di vivace allegria, ma  alla ragazza e alle sue amiche, così come a molte altre giovani del paese, oltre alle esposizioni interessava squadrare i ragazzi. Anche costoro formando dei gruppi passeggiavano e osservavano indirizzando occhiate di fuoco verso le ragazze, sperando così di produrre scintille.

Le regole, come più volte detto, non permettevano altro, solo occhiate e piccole frasi che assumevano importanza vitale, per questo bisognava stare attenti a non provocare con lo sguardo possibili illusioni. Bastava un sorriso, una frase gentile, per dare il via a grandi speranze di vita a due, così come bastava poi uno sguardo di noncuranza per spegnere grandi incendi.

Assurdamente, era proibito in modo assoluto perdere l’autocontrollo. Ad Anna non interessava nessuno in particolare, le numerose occhiate scivolavano su di lei senza lasciare traccia, come fa l’acqua pura del ruscello sui sassi  che si lascia dietro.

Una volta un bel giovane biondo educatamente le chiese di fare un giro nel corso insieme a lui, e lei accettò. Risero e scherzarono tutto il tempo, ma appena  si accorse che il ragazzo aveva intenzione di rinnovare il giro, si congedò; al leggero disappunto che gli notò sul viso si convinse di aver fatto la cosa migliore, e s’impegnò a non accettare più inviti perché non voleva ferire nessuno, e non intendeva impegnarsi, almeno per un po' di tempo ancora.

Ormai da tempo non provava più quella fastidiosa sensazione di disagio che l’attanagliava quando un ragazzo si prendeva licenza di osservarla, aveva capito che sceglievano in due perché se l’uomo per primo indirizzava uno sguardo, era poi la donna a decidere se accettarlo e ricambiare.

Collezionare frasi gentili senza più arrossire, rendersi conto del proprio valore misurando nella passerella del corso del paese l’apprezzamento dimostrato dagli altri, portava la giovane a un appagamento quasi totale.

Anna fantasticava su un probabile matrimonio a volte con Tizio, a volte con Caio, sempre senza far trasparire nulla di quello che le passava per la mente. Guardava la persona che in quel momento le interessava con una tale indifferenza che anche se la incontrava per strada, sembrava che fosse lontanissima, e non c’era fuoco fosse pure quello di un vulcano che potesse sprigionare scintille.

Il brano è tratto da “Anna nel paese dell’anima,” di Agostina Usai, Sa Babbaiola Edizioni, anno 2021

mercoledì 5 maggio 2021

La necessità di lottare per le proprie idee


 

Quando quelle critiche venivano rivolte alla sua persona, tornava a casa quasi di corsa, a volte con gli occhi pieni di lacrime cercando di estraniarsi il più possibile per non sentirsi sporca. Perché il Signore le aveva dato un cervello per pensare? Le veniva il dubbio che in lei ci fosse qualcosa di sbagliato, dato che si sentiva profondamente diversa dalle altre ragazze, che accettavano spesso con gioia la loro imposta condizione di sottomissione all’altro sesso. Forse sarebbe stato meglio se fosse nata maschio?

No, non era quello che avrebbe voluto, sarebbe passata dalla parte opposta che non le era ugualmente gradita. Perché il genere umano non si rendeva conto che, per il bene di tutti, ciò che doveva essere considerato, era il fatto di essere all’unanimità persone? Senza distinzione di sesso, età, casta, prestanza fisica, condizioni economiche ecc.; solo ed esclusivamente persone da amare e rispettare.

Pativa dell’essere parte di quel mondo che non le era confacente, e pensando che non sarebbe stato giusto pesare per sempre sui suoi genitori, volgendo lo sguardo al futuro doveva considerare un eventuale compagno.

Si sentiva in trappola, circondata com’era da parenti e da conoscenti in totalità tradizionalisti, mancandole la forza necessaria per contrastarli e imporsi. Certo si sarebbe dovuta rassegnare a rintuzzare i suoi sogni e la sua voglia di esprimersi, doveva anche imparare a mordere la lingua in presenza degli uomini tutte le volte che il suo pensiero non era in sintonia con l’opinione di questi; che le piacesse o no la sua mente era prigioniera di un corpo di donna, per giunta imperfetto.

Nondimeno presagiva però la sua vita impegnata in una sorta di battaglia interiore, e senza sapere chi sarebbe stato il suo futuro partner soffriva per lui, perché sicuramente non  sempre sarebbe riuscita a contenere la sua esuberanza d’idee, e ai suoi occhi avrebbe messo in pericolo quella comoda posizione di privilegio che le regole della società gli regalavano, e a cui naturalmente sarebbe stato restio a rinunciare.

Le sarebbe piaciuto conoscerlo prima di fidanzarsi, avere la possibilità di discuterne, ma  era impossibile, non era permesso. In cuor suo spesso desiderava di poter lavorare anche dopo il matrimonio, ma era troppo debole per farsi valere; inoltre rischiava comunque di creare infelicità perché non poteva aspirare a un compagno d’idee moderne. Nessuno avrebbe voluto infilarsi nel vespaio del clan a cui lei apparteneva e il desiderio di non allontanarsi dal paese, formare una famiglia e  crescere dei figli, era piuttosto forte per potervi rinunciare.

Era ciò che pensava, quando la madre e le sorelle stavano insieme alle vicine e alle parenti, e arricchivano la loro cultura delle regole mentre continuava a macinare libri di tutti i tipi. La bellissima Laura riceveva molto spesso lettere di spasimanti che volevano sposarla, era senza dubbio la più attraente del paese, lo sapeva e non di rado ne rimaneva infastidita. Anna pensava anche che quello era uno dei lati negativi della bellezza eccezionale, e si consolava considerando quanto per quel lato la propria vita fosse invece tranquilla. 

Il brano è tratto da “Anna nel paese dell’anima,” di Agostina Usai, Sa Babbaiola Edizioni, anno 2021 

lunedì 3 maggio 2021

Anna e le regole del paese.


 

Se comunque malauguratamente dovesse sgarrare in gioventù, il marchio rimarrà indelebile, e per tutta la vita sarà colui che ha combinato quella o quell’altra idiozia. A pagare le conseguenze dell’errore non sarà soltanto la persona, ma anche tutta la sua famiglia. Ogni componente verrà individuato come fratello, padre, zio o cugino di colui che ha combinato il guaio.

Il comportamento individuale comunque non è affidato al caso, ma indirizzato da precise e fondamentali regole. A parte i tabù comuni a tutto il mondo, si deve aggiungere che il saluto non appartiene a nessuno, però è di tutti. Saluta per primo chi cammina e non chi sta fermo, chi scende e non chi sale, e l’altro è tenuto a rispondere. Se ciò non accade è segno che ci sono dei dissapori fra i due che s’incontrano.

Un uomo può guardare con insistenza una donna purché questa non sia né sposata né fidanzata  e anche l’uomo deve essere libero. Per essere considerata seria, la donna non deve mai contraddire l’uomo e se pensa in maniera diversa da lui deve limitarsi a tacere. L’uomo dal canto suo deve essere forte e farsi rispettare con autorevolezza e non con autorità. I bambini devono essere educati in modo d’avere riguardo verso gli adulti anche quando questi ultimi hanno torto. Le persone anziane vanno riverite, servite e onorate.

Per rispettare queste e infinite altre regole, e controllare che anche gli altri facciano allo stesso modo, servono tutte le ore del giorno, tutti i giorni dell’anno e anche tutti gli anni della propria vita. C’è da dire però, che negli ultimi decenni la situazione è andata evolvendosi, perché la televisione entrando nelle casa ci ha portato fuori da essa, e con tutte le sue informazioni sugli usi e costumi del resto del mondo, ci ha indotto a copiare le cose che più ci fanno comodo, che non sempre sono le migliori, quindi, insieme alle regole negative vengono disattese anche quelle positive, che aiutano l’uomo a essere degno di questo nome.

Però, ancora, passando da queste parti anche voi potrete scoprire la vostra anima e ciò vi ripagherà del fatto che forse troverete pochi monumenti. Ad ogni modo vi dirò che qui è nata e vive Anna. Nata subito dopo la seconda guerra mondiale, vive tutt’oggi in maniera serena, grata al Signore per averla destinata a far parte del paese dell’anima.

Il brano è tratto da “Anna nel paese dell’anima,” di Agostina Usai, Sa Babbaiola Edizioni, anno 2021

Piccoli problemi adolescenziali.


 

Laura invece aveva i capelli neri, gli occhi verdi e un sorriso splendido. L’ammirazione che costantemente suscitava negli altri, ne aveva fatto una ragazza forte e sicura di sé. Era la preferita della madre e anche dalle zie materne, che non si curavano di contenere questa loro scelta.

 

Ciò non sarebbe stato un gran danno se della bellezza di Laura non ne avessero fatto un mito, accentuando le differenze nel paragone con Anna. Spesso si recavano a casa di Francesca e s’incantavano a guardare Laura, parlottando fra loro, anche in presenza di Anna: “Guarda che sorriso, potrebbe fare la pubblicità a qualsiasi marca di dentifricio.” Diceva una all’altra: “E quegli occhi, non ne ho visto di più belli in vita mia. È proprio un amore.”

 

Esse si avvicinavano a lei e le aggiustavano i capelli, le scioglievano la cinta dell’abito legandola di nuovo in un gran fiocco che poi distendevano minuziosamente. Se il loro sguardo ridente e soddisfatto incrociava quello di Anna, cambiavano espressione. Si capiva benissimo cosa in quell’attimo passasse nelle loro menti, e anche se non veniva pronunciata nessuna parola, l’eloquenza delle occhiate era incisiva.

 

Anna allora provava un brivido di ribellione e si ritirava stendendosi sulla coperta, sistemata per terra in soffitta. Quel mondo non la gradiva e lei lo rifiutava annullandolo nella frequente lettura dei libri, che l’aiutava a non considerarlo. S’immedesimava nelle eroine dei romanzi che leggeva, e diventava a sua volta bellissima, forte e disinvolta: tuttavia quando tornava alla realtà, era la solita tragedia.

 

Pettinando i capelli di fronte allo specchio, affiorò nella mente il pensiero delle zie, provò a sorridere e il sorriso divenne una smorfia di disgusto considerando la non giusta posizione dei canini; girò così il viso leggermente a sinistra sempre osservando l’immagine, e la piccola gobbetta sul naso divenne ai suoi occhi, grande come un cocomero.

 

Si allontanò dallo specchio piuttosto tormentata, e legando in fretta i capelli si sedette sul lettone. Lo sguardo scivolò sulle gambe, e con fastidio le cancellò dalla vista, alzando il volto verso la lama di luce che scendendo dal tetto metteva in evidenza il multiforme pulviscolo, che danzava nel suo naturale tremolio. Anche le gambe le sembravano storte, ella le legava la notte dopo averle avvolte con un asciugamano, e anche se era passato più di un mese da quando aveva iniziato quella cura di sua invenzione, non vedeva alcun miglioramento.

 

Pur scavando dentro la sua anima, cercandovi delle colpe per aver meritato da parte della natura quel trattamento così amaro e non trovandovi valido motivo si sforzava così di non  odiare la sorella per non sentirsi in colpa.

 

Il brano è tratto da “Anna nel paese dell’anima,” di Agostina Usai, Sa Babbaiola Edizioni, anno 2021

 

 

sabato 1 maggio 2021

Un classico scontro di classe.


 

La faccenda si ripeteva ogni tre o quattro giorni, Anna non riusciva a rinunciare alle visite alla dimora dei due vecchietti, che si chiamavano Ferdinando e Maria. Oltre ai gattini c’era anche la chioccia, che se veniva chiamata con dei dolci: “Piu, piu”, veniva fuori nella piazza con tutto il suo seguito di pulcini, bianchi, gialli e rossicci. Per  la bambina era il massimo del godimento.

 

Maria, vendendo il latte delle capre e coltivando un piccolo orto riusciva malamente a sbarcare il lunario: era proprio al limite della sopravvivenza. Gli organi del paese preposti all’assistenza inspiegabilmente ignoravano i due, anche se le loro richieste di aiuto erano arrivate a destinazione. A parere della vecchia signora, chi di dovere, non teneva conto delle loro condizioni. Fu per questo motivo che Anna insieme a buona parte dei vicini, si trovò spettatrice di una curiosa scena.

 

Essendo in corso le elezioni per il rinnovo del consiglio comunale, i muri delle case del paese erano tappezzati dai manifesti di propaganda. Anna si divertiva a sillabare i nomi dei partiti e dei candidati, per i quali i parenti facevano opera di convincimento presso i cittadini esortandoli a votare per i loro congiunti, e non si fermavano nemmeno di fronte alla malattia di Ferdinando. Alcuni di loro arrivavano con la vettura, e gli offrivano un passaggio fino alla sezione di voto. I vicini di casa liberi dal lavoro, in quella giornata festiva, ascoltavano divertiti l’esito delle sorprendenti visite.

 

Anche Francesca e Piero tendevano l’orecchio attentamente per udire ciò che la vecchia diceva a quei signori e ridevano a crepapelle. Anna volle vedere da vicino ciò che accadeva e prese comodamente posto sul carro. Sembrava che i ricevimenti dei due vecchi fossero terminati e Maria si apprestava a preparare la cena, quando di fianco al carro, si fermò ancora una volta un’automobile.

 

Erano in pochi in paese a possederne una e quindi si poteva capire che i due, quel giorno, avevano altri ospiti di riguardo. Scese dall’automezzo, con grande sorpresa di tutti, una signora impellicciata, che stando attenta a non infilare i tacchetti delle eleganti scarpette fra i ciottoli della piazza, si avvicinò alla cucina con un fazzoletto profumato orlato di pizzo premuto sul naso, nell’inutile intento di evitare di inalare il tanfo che usciva da quell’ambiente abitato contemporaneamente da persone e animali. Rivolgendosi a Maria con voce mielosa, indicava ora il vecchio Ferdinando, ora l’automobile.

 

Anna trasalì quando la voce adirata della vecchia si levò altissima, e dopo una serie di brutte imprecazioni incitò la cagna a mordere quella distinta signora che piuttosto spaventata sembrava piantata nel terreno con i suoi tacchi a spillo.

 

Costei non riuscendo a muoversi stava lì incredula con gli occhi e la bocca spalancati, mentre Marchesa digrignando i denti le piroettava attorno, annusando minacciosamente l’orlo della pelliccia. Il compagno della donna sceso intanto dal posto di guida, con uno strattone trasse verso di sé la malcapitata spingendola con polso deciso dentro la macchina. Chiuse repentinamente lo sportello e si mise a sua volta in salvo partendo, come si può capire, in gran fretta e senza salutare.

 

Il brano è tratto da “Anna nel paese dell’anima,” di Agostina Usai, Sa Babbaiola Edizioni, anno 2021

 

 

La difficile gestione dei rapporti umani.

  Da un po' di tempo, dopo il lavoro, aveva preso la consuetudine di attardarsi con alcune amiche a passeggiare lungo il corso del paese...